Il “cacciatore” della MARUI

La Tokyo Marui Co. Ltd o, più semplicemente Marui, molto conosciuta in Giappone per la sua produzione di Armi softair, iniziò nei primi anni ’80 anche la produzione di automodelli elettrici.
Fra i primi rilasciati ci fu un “Hunter” nel 1984.

Tralasciando i discorsi relativi ai modelli dell’epoca, più volte trattati e pubblicati anche qui, concorrenza con Tamiya, gli albori del buggy elettrico, modelli b-side bla bla bla,
ritorno quasi ostinatamente ancora sul tema della ricerca di innovazione nell’ottica di aggiungere originalità e divertimento che, come si sarà capito, mi coinvolge moltissimo.
Per questo modello, che tolta la polvere, vanta un’ottimo stato di conservazione ( il telaio nella parte inferiore è praticamente privo di graffi),

mi piace osservare ed evidenziarne alcune sue caratteristiche assurdamente singolari:
– Se ci si fa caso, parliamo di un modello buggy fuoristrada e l’occhio abituato alle forme più consone dei buggy  dell’ultimo millennio chiede al cervello: scusa ma…e gli ammortizzatori?
Ci sono ovviamente. Lavorano con leverismi assurdi, sono nascosti, ma ci sono.
All’avantreno, quasi ad imitare un sistema push-rod, sono coricati all’interno del telaio a vaschetta. Questi lavorano per i salti, quindi ehm…saltuariamente,
perchè a fare il lavoro sporco ci pensano i loro fratellini più piccoli posizionati sui kingpin dei barilotti portamozzo.

Tutta la geometria soffre purtroppo del difetto che al variare dell’altezza da terra quindi della compressione varia in modo notevole anche la convergenza. Al retrotreno invece un’unico ammortizzatore coricato che, poverino, deve fare gli straordinari in quanto non potendo contare  sull’ aiuto di una barra antirollio oltre ad assorbire le asperità del terreno è costantemente impegnato a trovare e recuperare il suo centro.

E’ affacinante, quanto poco utile e performante, il fatto che a modello sollevato si passi da un camber positivo ad uno negativo (Piaggio docet).
– Il telaio è a vasca da bagno e potrebbe ospitare cinque o sei impianti radio delle dimensioni 2018. Contemporaneamente.
La vaschetta è geniale per proteggere l’elettronica dagli schizzi delle ruote ma se per caso dovesse entrarci dell’acqua da lì non ne esce più.
Ah, è vero, il problema dell’acqua era relativo solo agli anni ’80 ‘che oggi buggy fuoristrada hanno paura di sporcarsi le zampine.


– La trasmissione è tutta fuori polvere e, tralasciando il concetto del  motore appollaiato a 15cm da terra per favorire il comportamento #CitroenDyane6, sarebbe sufficientemente robusta da assorbire la coppia di un motore a scoppio per 1:8 (di quell’epoca).

Aumentare la robustezza o limitare il peso? mah…priorità che in quegli anni erano secondarie, questioni anche trascurabili.

– I cerchi componibili, i classici faretti “Daylighter”, il pilotino ed altri dettagli minori sono in netto contrasto concettuale con, ad esempio,  i rasamenti da inserire sui kingpin per regolare il pre-carico delle piccole molle ausiliarie. Ma trovo che sia affascinante proprio il nonsense di queste  scelte progettuali e di design che non sciano capire quale fosse la direzione da percorrere o quali fossero effettivamente le reali velleità del Cacciatore. Bel giocattolone o “high performance off-road racing buggy” come riportato sulla scatola? Ulteriori questioni trascurabili…
P.s.:
l’omocinetico non l’ho smontato con lo scopo di pesarlo, fa parte di una serie di ricambi che ho trovato assieme al modello…l’appuntamento alla neuro l’ho disdetto

 

 

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