C’era una volta in un bosco incantato…No, ehm la faccio più tecnica.
Correva l’anno 1987 ed io ( sicuramente assieme a tanti altri ragazzini italiani brufolosi come me) rimasi colpito da alcune pubblicità / spot televisivi alquanto insoliti. Agli occhi dei più potevano passare inosservate ma gli appassionati (o futuri appassionati) ne rimasero folgorati. E’ pur vero che si era nel periodo pre-Natalizio quindi terreno fertile per la propaganda ma allora perchè “insoliti”? Perche fino a quel momento qui
e qui
(solo per citare alcune fonti) non avrei mai immaginato di vedere una cosa simile. Sono andato allora necessariamente nell’ archivio storicochimico e…ma di che si parla, di UFO?
Quasi, parliamo di questa cosa qui: […]
Pochi giorni fa fra le varie discussioni “da Box” si era affrontato il discorso del tipo: quando tutto ebbe inizio…
Ecco, il mio inizio fu quello e, a quanto mi risulta, quello di tanti altri miei quasi-coetanei.
Certo prima ci sono state altre fiamme, una si chiamava Polistil, un’altra Nikko (ne parleremo la prossima volta) ma qui ragazzi si parlava di cose “da grandi”, very professional. Ecco quindi che uno spot televisivo di una manciata di secondi con frequenti passaggi in prima serata ed inserzioni pubblicitarie sul settimanale del mangiaformaggio Disney (non proprio rivolto ad un target adolescenziale) l’acquolina in bocca incominciava a schiumare come agli avversari dell’uomo Tigre. Un’esplosione di modelli fecero della Mantua Model (la ditta italiana di uh..Mantova) il punto di riferimento per l’automodellista a scoppio per il lustro seguente (e poi basta).
A Babbo Natale si poteva chiedere, nell’ordine di prezzo:
a) la Manta Standard à lire 390.000
b) la Safari (o il Safari) à lire 490.000
c) la Demon big Bear (o il Demon) à lire 590.000
La prima era una on-road composta da 4 pezzi in croce, rigida e con palo posteriore. Come un super Sayan si poteva trasformare più volte, diventando prima Manta Competition e poi Manta Endurance.
La seconda era un off-road con sospensioni anteriori a quadrilatero e posteriori a bracci oscillanti (tipo Apecar) senza differenziale
La terza aveva sospensioni a quadrilatero su tutte le ruote e differenziale ,da cui i cento sacchi da sborsare in più. Complice il prezzo e la testa del pilota con casco da Artificiere fu leggermente bistrattata in favore della Safari. Tutte comunque molto robuste.
Una serie di optional ne miglioravano poi decisamente le prestazioni
I pacchetti erano completi, e contenevano quasi tutto il necessario per l’utilizzo. Nel mio caso optai per la Safari, primo perche prediligevo lo sterrato anche in virtù della versatilità d’utilizzo e secondo per un’altra que$$tione di cui vorrei soprassedere.
Quindi per 490 sacchi ti davano, in varie piccole scatole:
1) l’automodello in kit di montaggio (apriremo un’altra discussione sull’ argomento istruzioni di montaggio dei kit Mantua Model dell’epoca e del loro fotografo di fiducia) completo di motore da 3,5cc e scarico
2) Radiocomando Simprop Electronic Digistar in 27mhz AM completo di ricevente, porta batterie e due bradipocomandi
3) Avviatore 12v con ogiva (differiva da quello venduto per la Manta al quale veniva attaccato un disco di gomma al posto dell’ogiva e poi in 4 persone posizionandolo sotto al telaio…auguri
4) Pipetta accendicandela
5) Batteria al piombo 2V per la pipetta di cui al punto 4 completo di flacone di acido per l’attivazione (giuro)
6) Flacone bianco da 1l di miscela (giuro)
In definitiva niente male per far avvicinare il ragazzino qualunque all’automodellismo a scoppio!
Se parliamo invece del ragazzino divenuto poi il-chimico posso dire non ci sia stato tutto questo feeling nonostante l’adorazione iniziale. Niente di personale ovviamente ma, dopo aver sganciato 490 sacchi:
-vagli a spiegare ad un ragazzino che in una città medio piccola senza gruppi/appassionati di riferimento non puoi andare in officina dal meccanico della Fiat a chiedere perchè la tua Safari non rimane accesa;
-vagli a spiegare ad un ragazzino che trattandosi di automodelli a scoppio, non esiste un tasto on-off per accendere spegnere il motore ed è necessario effettuare quel procedimento empirico chiamato carburazione la prima volta. No, la prima volta fatto per bene, salvo ripeterlo anche TUTTE le altre volte causa temporale, gita in montagna, troppo caldo, troppo freddo, troppotutto;
-ed entrando poi più nel tecnico, vagli a spiegare che con quella frizione (a due ceppi contapposti in acciaio) non si va da nessuna parte, l’hanno inventata solo per metterti in difficoltà;
– vagli a spiegare che nel propellente è consigliabile compaiano tracce seppur minime di nitrometano che con l’olio si fanno solo pommes frittes;
-vagli a spiegare che è consigliabile attaccare lo starter ad una batteria 12v apposita, possibilmente non quella della 131 di papà se volete tornare a casa per cena;
Vabbè nessuno nasce imparato mi risposero in quel di Mantova.
La prova su (fuori)strada:
Mi procurai allora una rivista del settore dove andava ancora di moda fare articoli sulla carburazione. La lessi. Quasi a memoria. Alla sera prima di addormentarmi recitavo: ruotare di 1/6 di giro lo spillo del max, soffiare nel tubicino staccandolo dal serbatoio, chiudere di 1/2 giro il fine corsa della ghigliottina. Amen.
Ora tralasciando il fatto che un TX economico in 27mhz AM va in interferenza persino col motorino elettrico dello starter e che quindi il servo del gas era in Alzheimer continuo in qualche modo il motore si accese. Certo il mio ombelico era unto ma la maglietta non era firmata, gli occhi bruciavano lacrimavano e non di gioia, le scale del palco guida mi strillavano ” ma caz_o allora stai giù no?” , lo scarico era leggermente fumoso ma quello che era importante e che facendo tutto da solo:
rimaneva accesa!!
[applausi registrati]
…si, fino al primo capottamento.
Su come andasse in pista da accesa non lo saprei dire, ricordo che comprai il differenziale (per non capottare ad ogni curva) ed uno scarico più performante, ma il 90% del tempo ero fuori dal tracciato. Non perchè andassi largo in curva. Fuori nel senso di “sotto al palco guida”.
E allora scatena anche tu gli orsi i cavalli del big Bear dicevano…
Bei ricordi, veramente, di un’età e di un’epoca particolare, ma mi mancava tantissimo una cosa che ho scoperto solo pochi mesi più tardi e che ancora mi tiene compagnia: