Dagli albori del touring: una famiglia yokomo

Quando a metà degli anni ’90 si incominciò progressivamente a montare sui telai modificati (abbassati) dei buggy 4wd una carrozzeria on-road e delle gomme da asfalto, le genti manifestarono una sensazione di goduria e libidine tale nel guidare una trazione integrale fuori dal fango che inevitabilmente nell’aria si odorava già il profumo di una nuova categoria. Il primo a rispondere “presente” fu il Sig. Tamiya (e te pareva) che modificò il telaio del suo buggy Manta Ray e mise a catalogo il primo modello touring “ufficiale”. Un TA01 nascosto da una carrozzeria Skyline.
E di lì a poco…

La categoria incominciò immediatamente a prendere slancio anche perché le gare risultavano estremamente gradevoli da vedere, la sensazione di realismo era molto più palpabile che vedere una Egress ed un Cat ruote all’aria al panettone sotto il palco. Questione di gusti,
ma la gente vuole il gol!
Ed allora, in seguito ad una gara promozionale in cui incredibilmente tantissimi produttori ingaggiarono i loro migliori piloti mettendogli tra le mani prototipi  omologabili per questa nuova categoria, finalmente l’IFMAR inserì fra le categorie riconosciute anche la Touring ed organizzò il mondialito inaugurale nel 1998 (per la cronaca vinto da David Spashett su Losi Street Weapon).
E Yokomo?

Questa è una parte dei miei modelli Yokomo disposti in ordine di anzianità dal più lontano al più vicino. Se si tralasciano i primi anni in cui si poteva “osare” in termini di soluzioni tecniche ed azzardi architettonici, qualcosina di buono e degno di nota, in seguito ne è venuto fuori. Ed infatti sta annotato. In una lista ISTC alla voce “albo d’oro”.
La nonnina in fondo alla foto è una YR4-II
Nella sua versione base, con telaio in vetronite senza alesature, vaschetta portapile riportata, micro ammortizzatori e, caratteristica principale, tendicinghia con ammortizzatore montato sull’upper-deck. Tutte cose già viste sulla precedente YR4.
Di questa ne vennero fatte varie versioni tra cui  la compact per telai a passo corto e la special, quella con cui Hirosaka vinse nel 1996 uno dei tanti JRMCA (campionato nazionale giapponese).
Un po più vicino c’è la YR4-M
L’impostazione è molto simile alla precedente ma questa volta c’è carbonio dappertutto. Anche sui barilotti
Immagine correlata
Anche in questo caso, millemila versioni da non capirci più nulla, MR4-M2, MR4-J, USA, PRO ecc. se non che su ogni scatola compariva “xx -national Champion e TQ winner”. Dal lato tecnico ancora trasmissione alla luce del sole, upper deck ammortizzato e micro ammortizzatori.
Quella al centro è una MR4-TC
Abbandonato il progetto YR4, nel 1999 nasce questo nuovo modello che, secondo i pareri dei piloti del team, è estremamente facile da guidare, assettare ed allo stesso tempo molto competitivo. Nell’anno successivo nasce la versione PRO, che sta per pro-nta a vincere. Pur avendo tutta la trasmissione chiusa e protetta, smontando due sole viti si poteva estrarre il differenziale per pulirlo e regolarlo. (Mai viste). Il telaio, contrariamente alla concorrenza era a vaschetta e finalmente gli ammortizzatori risultavano di dimensioni generose e non più micro. Ah dimenticavo un dettaglio:

Quella in secondo piano è una MR4-TC SD CGM
Un nome infinito per dire che, partendo dal progetto MR4-TC (TC sta per Touring Car), stavolta è Shaft Drive ovvero tolta la cinghia ed inserito l’albero di trasmissione ed il telaio è Carbon Graphite Molded . Vabbè ok.
Risultati immagini per yokomo cgm

Ma possiamo fare di meglio, in quanto otteniamo la MR4-TC SD CGM SSG se aggiungiamo un telaio  in Silver Surface Graphite. Non scherzo.
E se qualcuno pensa che una trasmissione a motore longitudinale ed albero di trasmissione non sia sufficientemente competitiva per affrontare un mondiale, diciamo subito che nel 2004 una fra le successive versioni speciali divenne la “World Edition”, arrivata sul podio finale in mano al solito E.T.
In primo piano abbiamo, sul progetto della precedente la MR4-TC SD LCG (ovviamente dato il suo Low Center Gravity). Esteticamente sembra simile ma vi posso garantire che si recuperavano ben pochi pezzi, anche perchè notoriamente nel momento che si cambiano i banchini e supporto motore, si stravolge tutta l’impostazione tecnica del modello.
Risultati immagini per yokomo mr4 lcg
Quella nella foto di famiglia è anche una Rayspeed Conversion, con telaio, upper-dech, torrette ed altre minc**ate da esibizionista. Quando poi nel 2005 Yokomo passò al nuovo progetto BD (Belt Drive con la genesi arrivata oggi all’ottava generazione BD8), il progetto SD continuò solamente per i discepoli dell’ AOO, art of oversteer.
Per ultima, ma non in fotografia la EUMD
E
un mondo difficile. Questione di acronimi.

2 commenti su “Dagli albori del touring: una famiglia yokomo”

  1. Ok dirò una banalità totale ed assoluta per gli esperti della storia della casa del Sol Levante ed un pò off-topic rispetto al Touring ….. già dal 2010/11 la Yokomo ha lanciato attraverso i modelli GT500 e GT300 la categoria che di fatto noi oggi usiamo con tanto divertimento, ovvero la GT12:

    https://teamyokomo.com/gt/index.html

    E dagli ultimi articoli pubblicati sul sito del link sopra (assolutamente incomprensibili per il sottoscritto), sembra proprio che ci sia un circuito dedicato ancora attivo con un buon seguito di piloti.

    Peccato perchè guardando le foto dei modelli sono molti simili alle nostre Atom e GT, basterebbero un paio di ritocchini e anche la Yokomo potrebbe aver un modello omologato per la GT12.

    Il chimico sicuramente l’attende con trepidazione 🙂

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